IL PUNTO ALLA FINE DEL PRIMO SEMESTRE 2019

Alla scadenza del primo trimestre 2019, è opportuno un aggiornamento dei
ragionamenti fatti e condivisi finora con i nostri lettori, soprattutto col pubblico
presente in aula al recente seminario di Roma.
Come detto in apertura dello stesso, i tassi di crescita reale dell’economia, rispetto
al 2018, sono previsti in flessione sia per il 2019 che per il 2020.

E questo è un dato che si può ampiamente confermare.
Le releseas dei primi tre mesi dell’anno sono state sostanzialmente deludenti, con
la sola eccezione delle richieste di disoccupazione Usa che si candidano per il
concorso “le più basse di sempre”.

Esse infatti sono già le più contenute degli ultimi quarantacinque anni, inferiori, in
ogni caso, a quelle che diedero il via alle ultime cinque recessioni (zone
ombreggiate in azzurro).
A questo punto, qualcuno potrebbe legittimamente avere l’impressione che le
banche centrali siano riuscite a cancellare tutti i mali della società attuale,
recessioni comprese.
Non è così. Sono solo intervenute più pesantemente sul controllo degli aggregati
finanziari. Questa condotta è sì capace di esaltare i successi e mettere in ombra
le difficoltà dei sistemi economici, ma non per sempre.
Come si direbbe a proposito degli artifizi umani che deviano il corso naturale dei
fiumi, essi finiscono per avere un “pericoloso impatto sull’ecosistema fluviale e sul
territorio circostante”.
Manco a dirlo, una recente sentenza della Corte di Giustizia europea ha stabilito
che la deviazione del corso di un fiume può essere ammessa, in linea di principio,
se ci sono motivazioni di rilevante interesse pubblico come quelle per fini
idropotabili o irrigui. Tuttavia, nel caso di siti di importanza comunitaria, qualora
non intervengano adeguate misure di compensazione il progetto può anche
essere stoppato.
Il problema risiede nel fatto che la Banche Centrali non hanno avuto né mai
avranno un controllore o un giudice che valuti il loro operato. E dunque tirano
dritto senza timori di essere stoppate. Sarà l’ecosistema economico e finanziario a
rigurgitare, a tempo debito, le loro manovre.
Il grafico seguente ci dà un’idea generale dell’incidenza dei Qe sulla crescita dei
singoli assets. Senza l’inoculazione forzata di adrenalina, l’SP500 probabilmente
si aggirerebbe intorno ai 1200 punti. Che sarebbe comunque non poca cosa
considerati i livelli cui era pervenuto nel febbraio 2009 (circa 660).

Il Consumer Confidence Index ci racconta invece una storia parzialmente diversa.

Ci dice che l’attuale congiuntura economica non è riuscita a riprendere i massimi
di sempre segnati nel 2000. L’indice ha cozzato contro la resistenza statica
coincidente con i massimi del 1998 ed è tornato indietro. Adesso duetta con il
supporto rappresentato dai massimi del 2001 e, in caso di rottura, è facile
prevedere che si appoggerà sul supporto offerto dai massimi del 2002-2007. Sotto
il quale, imho, potrebbe scatenarsi un brutto temporale.

Devo poi una spiegazione e una precisazione a tutti coloro che hanno ascoltato il
mio intervento sulle curve dei tassi.
Nel seminario ho proposto il grafico seguente che racchiude, in un’unica
panoramica, tutte le curve dei tassi seguite dagli operatori economici.

Tutte le curve prese in considerazione, a fine febbraio, puntavano verso la linea
dello zero. La 5y-2y è stata la prima a varcare quella soglia e, dunque, ad
invertirsi (tassi a breve più alti dei tassi a lungo termine). In genere, a questo
punto, le altre curve seguono docilmente, sebbene con tempi propri.
Quello che è avvenuto a fine marzo lo riscontriamo nel chart che segue.

La curva 5y-2y si è ritratta e, con le altre, che nel grafico precedente venivano giù
a capofitto, ha preso ad appiattirsi!
Niente di più probabile che le BC, monitorando l’andamento di tutte le curve al pari
di quanto facciamo noi, abbiano deciso di intervenire comprimendo i tassi a breve
e lasciando correre quelli a lungo. In questo modo le curve si appiattiscono o
assumono di nuovo un andamento ascendente.
Ebbene si, possono fare anche questo!

CINA
L’arretramento più preoccupante, dicevamo, è sicuramente quello della Cina che
minaccia addirittura di scendere quest’anno sotto il 6% di Pil.
Tuttavia, con un atletico colpo di reni, il Pmi cinese si è riportato la scorsa
settimana sopra l’asticella dei 50 punti (tratto rosso sul grafico seguente). Tanto è bastato a fornire ulteriore propellente ai listini mondiali.

La Banca Centrale, vale la pena ricordarlo, per contrastare gli effetti del
rallentamento economico ben visibile soprattutto sul finire dell’anno passato, era
nuovamente intervenuta con forti iniezioni di liquidità (pari al 5% del Pil cinese)
alla fine del 2018 e con misure fiscali nei primi mesi del 2019.
Sembrano non interessare a nessuno gli squilibri finanziari che gravano sulla
struttura dell’economia dovuti ad un eccesso di credito erogato da grandi imprese
che fungono da shadow banking per il sistema delle PMI.
Due anni fa in Cina lo shadow financing – per molte imprese unica forma di
finanziamento – garantiva il 22% del credito complessivo; oggi non va oltre il 4%.
Ma per ora sembra andare a tutti bene così.
Evidenze grafiche incontrovertibili ci provengono però dall’indice Shanghai
Composite (tm mensile), reduce da un recupero a dir poco prodigioso.
Lo scorso anno aveva rotto la linea di tendenza rialzista originatasi nel 1996
contribuendo ad affossare tutti i listini mondiali.
Quest’anno l’indice ha recuperato quella trend e adesso prova a catapultarsi al di sopra della figura triangolare che potete tutti valutare.
L’abbrivio definitivo verrà fornito dal ROC a 18 mesi che sembra prossimo alla
rottura della sua trend, replicando la straordinaria vigoria dimostrata nel 2006.

Nell’ipotesi, è facile pronosticare anche il raggiungimento di target importanti,
come ad esempio i 4500 punti (+40% circa dai valori attuali). Potrebbero occorrere
un paio d’anni. Conditio sine qua non: una ripresa economica non balbettante.
USA
Passiamo agli States che, malgrado il rilascio di dati spesso non esaltanti,
continuano a sovraperformare gli altri listini mondiali.
Proponiamo un rapporto mensile tra lo Sp500 e l’Etf Vanguard Ftse All World al
netto delle azioni Usa (ex Usa).

Il Know sure thing oscillator (KST) elaborato da Martin Pring è un indicatore
tecnico (di tipo oscillatore) che viene utilizzato per determinare il momentum nei
trend azionari. Si tratta di un indicatore tecnico di tipo oscillatore, che fluttua quindi
sopra e sotto la linea dello zero, provvedendo a fornire segnali di trading basati
sulla divergenza con il prezzo e KST e i crossover delle linee del segnale. La
formula di questo indicatore tecnico, utilizza quattro differenti timeframes per
mostrare il momentum generale e non solo il momentum di uno specifico
timeframe.
Il rapporto raffigurato nel precedente grafico, che è superiore alla MA a 12 mesi, è
chiaramente in una fase di rialzo favorevole agli Stati Uniti e viene sostenuto da
un KST in ascesa. Tuttavia, questa relazione non è andata da nessuna parte
nell’ultimo anno, quindi dobbiamo chiederci se questa attività abbia raggiunto un
top o, in alternativa, stia consolidando prima di una nuova gamba di rialzo. La
differenza non è da poco. Se il rapporto rompe al rialzo, significa che dovremmo
continuare a concentrarci sugli Stati Uniti per i prossimi mesi. D’altro canto,un’inversione al ribasso suggerirebbe la necessità di una maggiore esposizione su
altri indici.

Il grafico successivo mostra la correlazione diretta tra il rapporto di cui sopra e
l’indice del dollaro.

Se si nutrono aspettative rialziste sul dollaro, allora sarà legittimo attendere il
break out del triangolo superiore.
L’indice grezzo dell’SP500 (tm settimanale) ci mostra la salita parabolica
innescatasi sul finire del 2018 e ancora in essere mentre scriviamo (5 aprile
2019).

Dopo i 2890, nel mirino ci sono ormai solo i massimi del 2018. La statistica ci
informa che, quando i primi due mesi dell’anno risultano così positivi, essi ci
restituiscono, a distanza di tre-sei mesi, ritorni positivi nell’ordine dei 3-10 punti
percentuali.
Dunque, al momento, l’ipotesi alla quale lavoriamo è quella di nuovi massimi.
Non vanno tuttavia esclude anche correzioni ; ma le stesse, almeno fino a
maggio-giugno, andranno intese come occasioni di acquisto. Poi l’andamento
degli indici potrebbe risultare più frastagliato.
E si perchè, se molti lo hanno dimenticato, viviamo, tra l’altro, l’anno americano
preelettorale che non ha mai restituito ritorni negativi.

Jerome Powell ha già dato tutta la sua disponibilità chinando sommessamente il
capo e rimandando sine die i rialzi dei tassi.

Quanto alle aspettattive macro anticipate dal Cesi, l’indice delle sorprese
economiche, esse appaiono talmente compresse che
qualunque prossimo dato nei mesi a venire sarà salutato con favore.

GOLD

L’oro si trova al momento alle prese con importanti resistenze, nell’ordine: 1312,
1334, 1360. Il momento ciclico sembra tuttavia propizio. La positività dell’equity, in
uno alla forza del dollaro Usa, non sono riusciti a debilitarlo più di tanto.

Dunque non lo shorterei.

Nel chart che segue, tm monthly, individiamo facilmente la resistenza statica che
ha contenuto i tentativi di rialzo del prezzo dal 2014 ad oggi. Essa è posizionata
intorno a 1360. Tuttavia la situazione, a partire da quell’anno, è andata lentamente
migliorando. Il PMO (Price Momentum Oscillator) nel 2014 era sostenuto, oggi
invece lo si raccoglie col cucchiaino, mentre il ROC, negativo del 2014, è oggi più
che positivo. Insomma il Gold potrebbe essere chiamato ad un upgrade
significativo.

All the best

dott. Massimo Moschella
dott. Gian Michele Moschella

IL PUNTO SULL’EQUITY GLOBALE DEL TEAM MOSCHELLA

C’eravamo lasciati sette giorni fa a fissare perplessi l’imminente incrocio degli indici mondiali con le rispettive medie mobili a 200 periodi.
Le mani forti ci hanno tolto da ogni imbarazzo sollevando di prepotenza la maggior parte degli indici al di sopra di quelle asticelle (v. Dja, Spx e Nasdaq daily).
Sicché il successivo ostacolo con cui misurarsi risultano essere adesso i massimi registrati a dicembre 2018.
L’Rsi a 14 periodi accenna appena a surriscaldarsi nel contatto con l’area di ipercomprato.

E si che notizie non proprio esaltanti erano giunte dal fronte macroeconomico che ha confermato l’avvio di una congiuntura internazionale non proprio rassicurante.
Ciò nonostante i big investors non hanno fatto mancare denaro in acquisto, probabilmente rassicurati dalla complicità mostrata dalla Fed.
Mi é sembrato anzi un deliberato piano ben orchestrato ai danni del parco buoi, assistito financo dalla insolita forza esibita dall’oro che va a rivedere, eccezionalmente, i 1331 $ e a fare mostra sul petto di una golden cross.
Nulla da fare per i piccoli traders che subiscono comprensibilmente l’insacco.
I time frame settimanali non suonano una musica diversa. Il Price Momentum Oscillator non ha ancora incrociato, é vero, ma l’Rsi si é gia’ portato senza esitazioni sopra il valore di 50.

Il Vix asseconda questo catenaccio a centrocampo indugiando oltre misura intorno al valore di 15 (v. Vix daily), apparentemente prigioniero della media semplice a 100 periodi sul weekly.

Insomma, un gioco ordito per spiazzare oltre ogni ragionevole logica.
E se qualcuno di voi sta pensando che a farne le spese é stato il comparto del reddito fisso, beh spiacente di deludervi. Hanno pagato dazio solo i nostri Btp.
Sarà un anno destinato a stupire.

All the best

dott. Massimo Moschella
Financial Analyst & Economic Strategist
dott. Gian Michele Moschella
Financial Analyst & Business Developer

2019: SPERANZE E TIMORI

Tutti col naso all’insù a fissare il testa a testa tra gli indici Usa e le medie mobili semplici a 200
giorni.
In queste poche parole può racchiudersi la tensione degli investitori all’approssimarsi del
secondo fine settimana del mese di febbraio 2019.
Il forte e inaspettato rimbalzo degli indici dalla fine di dicembre ai giorni nostri ha infatti spinto
l’equity americano verso queste determinanti linee di resistenza ma in una condizione di vistoso
ipercomprato.
Il gioco dunque si fa duro. Infatti, una chiusura decisiva al di sopra di quella media di lungo
termine ridurrebbe le probabilità che le azioni entrino in un mercato ribassista.
Da cui diventerebbe molto difficile tirarsi fuori con i prodromi in vista di un rallentamento
produttivo mondiale.
Il DJA è l’unico dei tre indici che ha già superato la linea rossa a 200 periodi. Ma il risultato non
può dirsi ancora definitivamente acquisito.


L’S&P500 e il Nasdaq Composite ci stanno provando caparbiamente proprio in questi giorni.

L’incertezza previsionale ci appare quanto mai massima, soprattutto in considerazione del VIX scivolato sui livelli più depressi degli ultimi tre mesi. Posizione dalla quale pare voglia tirarsi fuori. Tutto sembrerebbe pronto per un insolito exploit.

Anche il Fear&Gread Index punta sul bello spinto. Troppo spinto, secondo noi.

Persino il posizionamento del Baltic Dry Index (che misura il livello medio delle tariffe dei noli internazionali) non aiuta ancora ad alimentare forti speranze bullish.
L’indice si è spiaggiato come un grande cetaceo confermando il rallentamento globale in atto.
L’Italia è già in recessione tecnica, e la Germania potrebbe seguire a ruota se il Pil del quarto trimestre fornirà numeri negativi.

Tuttavia l’America, nonostante le incertezze dell’equity innanzi illustrate, non desta ancora serie preoccupazioni.
L’appiattimento della curva dei rendimenti ha subito un provvidenziale stop. Taumaturgiche sono state le parole con cui Powell ha bloccato il rialzo dei tassi programmato per l’anno in corso. Nulla invece potrà fare contro la recessione dei profitti delle aziende Usa che dovrebbe concretizzarsi nel primo semestre del 2019.
E si perchè le proiezioni per il quarto trimestre preludono ad una espansione degli EPS di circa il 12%. Ricordiamo che nel terzo trimestre questo dato era stato pari ad un +25%.
Per il primo trimestre 2019 le previsioni attendono invece un misero -0.5%: una escursione superiore al 20%. Ecco perchè non appare esagerato parlare di recessione dei profitti Usa.
Un +2.3% sarebbe atteso per il secondo semestre e un deludente +7.0% per l’intero anno.
Anche i fondi comuni azionari americani sembrano soffrire di asma bronchiale visto che
l’afflusso delle masse amministrate è in netto calo divergente rispetto all’andamento dell’Sp500.

Il volume dei capitali raccolti hanno sempre anticipato di 12-18 mesi le difficoltà dell’indice principale a stelle e strisce. Sicchè l’arrivo dell’estate potrebbe essere nefasto per l’azionario.
I giochi tuttavia non sono ancora fatti. E se da un lato peseranno le decisione monetarie della Fed, dall’altro avrà forte influenza lo stato di salute del gigante cinese, al momento in difficoltà ad ingurgitare grosse partire di beni importate soprattutto dagli Usa e dalla Germania.
Quanto precede è un assaggio delle tematiche e delle riflessioni che noi di Finanza Strategica e Scattacoltrend svilupperemo nella consueta prima tornata di seminari che avrà inizio il prossimo
marzo.

All the best

dott. Massimo Moschella
Financial Analyst & Economic Strategist
dott. Gian Michele Moschella
Financial Analyst & Business Developer

le mie passioni

Gian Michele

A volte nella vita dovete affrontare cose che pensate di non essere in grado di fare. Ma ricordatevi che gli unici limiti sono quelli della mente. Oltrepassando i limiti di ciò che credete, potete realizzare l’impossibile.” (La via della spada)

La pratica del Kung Fu mi ha conquistato sin da piccolo; il passaggio al rispetto per la medicina e la nutrizione orientali è stato pressochè immediato.

Il mio tempo libero è così scandito da allenamenti severi a cui alterno la passione per i fornelli.

Lo studio delle lingue straniere sta completando piacevolmente la mia formazione.